Apriamo anche le banche e gli uffici statali!
Dopo l'annuncio dell'arrivo in parlamento di non uno ma due disegni di legge, che riguarderanno la liberalizzazione degli orari di apertura al pubblico degli esercizi commerciali e più nello specifico dell'abrogazione del decreto Monti denominato "Salva Italia" e la sua calendarizzazione all'interno della "X"commissione parlamentare (Attività produttive Commercio e Turismo), martedì alle ore 14 è iniziata la prima discussione in merito , che discuterà su di un testo unificato tra le due proposte M5s e Lega.
Certo, dobbiamo anche prendere atto, che la stampa in genere sia in formato cartaceo ma soppratutto on line, non è stata in silenzio, ne abbiamo sentite e lette in tutte le salse, di interviste, non c'è giorno in cui un imprenditore (vedi Farinetti di Eataly nell’ articolo qui a sx) addirittura scomodi la Bibbia tirando in ballo "l'Apocalisse" per i supermercati e i centri commerciali, altri a proferire di migliaia di posti di lavoro persi!, altri ancora che vorrebbero tutto il mondo degli uffici statali aperti, le banche e via dicendo, divertente anche l'ironia sui Social con immagini di Zombi desolati che provano ad accedere ai centri commerciali chiusi.
Prima di dare qualche suggerimento al governo, in quanto come Flaica/CUB sindacato di Base, abbiamo partecipato ad un incontro preliminare a fine luglio nel quale ci venne rinnovato l’invito ad una prossima audizione oltre alla possibilità tramite indirizzi mail diretti dei componenti della X Commissione di inviare eventuali idee e suggerimenti, dopo questa premessa, cerchiamo di fare una nostra macro-analisi della situazione attuale del commercio.Inutile nascondere che seguiamo con timore anche la prevedibile controffensiva di chi non vede di buon occhio un ritorno ad una regolamentazione più civile, perché questa libertà totale ha “desertificato” e privato le periferie delle grandi città e i centri storici dei paesi di servizi essenziali, a danno delle piccole e medie attività commerciali a conduzione familiare, creando forti disagi a quella parte della popolazione che comprende la fascia della “terza età” magari senza più la possibilità di utilizzare l’auto per spostarsi.
Citiamo o mettiamo al centro del nostro ragionamento alcune riflessioni maturate in questi anni di "insofferenza al lavoro domenicale" e analizziamo:
Le aperture domenicali non hanno mai aumentato i volumi di fatturato e servizi, ma li hanno semplicemente redistribuiti: vendere “100” su 7 giorni equivale a vendere “100” in 6 giorni.
Quindi fare su 7 giorni gli stessi volumi significa solo chiedere maggior flessibilità allo stesso personale, lo vediamo nella necessità che ha portato TUTTE le grandi catene a rendere meno pagato il lavoro domenicale, con disdette o cancellazioni di accordi integrativi che premiavano il maggior “sacrificio” o disagio al dipendente. La chiusura domenicale non porterebbe la clientela domenicale a smettere di acquistare, ma semplicemente a redistribuire la propria spesa; invece il lavoratore domenicale è già ad oggi “redistribuibile” nell'arco settimanale – pratica che viene spesso utilizzata con flessibilità non riconosciuta economicamente al lavoratore, soprattutto se Part-Time.