È il tempo, il tuo caxxo di tempo!
Oggi vi vogliamo raccontare un breve spaccato di un ordinaria giornata di lavoro all'ufficio vertenze di un sindacato, quello vero, che sì, ascolta la" pancia" del lavoratore indignato da un sopruso o ingiustuzia subìta, ma che non ha inquadrato ancora gli obbiettivi chiari e lucidi, che invece il suo datore di lavoro ha ben fissati in mente, e, a suo modo, la ragazza, di "pancia" spiega loro come stanno le cose. Leggiamo....
Oggi in sindacato sono venuti due ragazzi. Mi raccontano perché sono venuti, sono agitati. Hanno
un contratto a tempo determinato ma da un momento all’altro gli è stato detto di non andare più a lavorare.
Sono in ferie forzate. Inizio a spiegargli con calma la procedura in questi casi: messa a disposizione immediata e messa in mora, per avere poi in vertenza eventuale un appoggio per essere risarciti dei soldi delle giornate di lavoro perse, intanto, uno dei due, il più agitato, mi interrompe. Non vuole fare vertenza. Non vuole i soldi. Cosa vuole non si sa...
Probabilmente vorrebbe spaccare tutto. Gli brucia l’ingiustizia che ha subito, ma ha trovato davanti una a cui brucia l’ingiustizia, quella generale, quella che investe tutti: in termini di costanza della rabbia lo batto. A me la rabbia cova sempre dentro.
Provo a dirgli ancora con calma che ci sono dei diritti. Mi interrompe di nuovo: per pochi spiccioli non è interessato a fare vertenza: è chiaro che non si fida. Un po’ perché deve aver imparato, da lavoratore, a non fidarsi di nessuno. Un po’ perché sono donna (e bionda, per giunta). Continuo a tenere duro, a spiegargli l’iter. Continua a interrompermi. All’ennesimo suo "dei soldi non me ne fotte un caxxo" non ci vedo più. E non sono i soldi, porcapu...la. È il tempo, il tuo caxxo di tempo. Ogni tredicesima non pagata, ogni ora di straordinario non riconosciuta, ogni fuori busta a nero, ogni caxxo di contributi non versati è il tuo tempo. È la tua vita, l’unica che hai e che conta più di qualunque cosa. Che è molto più preziosa dei soldi.
Provo a dirgli ancora con calma che ci sono dei diritti. Mi interrompe di nuovo: per pochi spiccioli non è interessato a fare vertenza: è chiaro che non si fida. Un po’ perché deve aver imparato, da lavoratore, a non fidarsi di nessuno. Un po’ perché sono donna (e bionda, per giunta). Continuo a tenere duro, a spiegargli l’iter. Continua a interrompermi. All’ennesimo suo "dei soldi non me ne fotte un caxxo" non ci vedo più. E non sono i soldi, porcapu...la. È il tempo, il tuo caxxo di tempo. Ogni tredicesima non pagata, ogni ora di straordinario non riconosciuta, ogni fuori busta a nero, ogni caxxo di contributi non versati è il tuo tempo. È la tua vita, l’unica che hai e che conta più di qualunque cosa. Che è molto più preziosa dei soldi.
Tu chiedi indietro quello che ti spetta non per i soldi, ma perché altrimenti quando sei vecchio e stai per morire, se ti fai due calcoli hai regalato anni fatti di ore lavorate "a gratis" per chi ti ha sfruttato, per i padroni che intanto se la spassano sul tempo della tua vita che hanno rubato. Non so quanto sono andata avanti. Ma alla fine urlavo e non stavo parlando più a loro. Mi sono interrotta. Li ho guardati. Avevano le bocche spalancate.
...E poi abbiamo fatto le lettere di messa a disposizione. E nessuno ha più detto che non gliene fotteva niente delle ore non pagate.
Ooh... mai una volta che attacchi del genere mi vengano quando devo parlare in pubblico.
Alessia P.
Riceviamo e condividiamo in maniera "pacata"😎 le motivazioni che hanno spinto l'amica e collega a non mollare e far capire dove sta il problema, ...il tempo, ...il nostro tempo, che mai più tornerà!
CambiaLiberamente Staff