State tutti tranquilli
Ciao a tutti,
pubblichiamo questo post preso in prestito dal Blog di F.
Iacovone anch'esso attivo nel contrastare, ormai da tempo, le aperture
indiscriminate dei festivi e delle domeniche.
Sfruttiamo questo suo scritto per riportare in primo
piano le problematiche in esso esposte, ma che sono quelle di
tutte e tutti i lavoratori del commercio, che rappresentano circa tre milioni di
occupati, i quali non riescono a far sentire la propria voce!
Forse
urliamo troppo piano o troppo poco: infatti anche in Esselunga non ci pare che si facciano
"barricate" o ci si "stracci le vesti" pur di non andare a lavorare
la domenica; nonostante in numerosi negozi si siano indetti scioperi
domenicali, la partecipazione è sempre risicata o praticata dai soli
attivisti dei sindacati di base. Si sentono solo lamentele e mormorii a bassa voce su quanto costi scarificio lavorare la domenica e i festivi, guai a farsi sentire da qualche superiore, quasi si commettesse un "peccato originale"!
Così facendo, lasciando perdere e affidando ad altri la nostra difesa pur di stare "tranquilli", non ci si rende conto di come venga dissipata tanta "potenza" (intesa come potere contrattuale), se tutti insieme cominciassimo a dire di NO, a scioperare o quanto meno a contrastare le continue richieste di lavorare la domenica, non dando la propria disponibilità.
Siamo forse caduti nella trappola del buonismo o della società "ZEN", dove il dissenso delle idee deve essere stroncato sul nascere dall'arroganza altrui? E per stare "TRANQUILLI" si rinucia ad agire con il beneplacito dei padroni o delle lobby economiche dei "supremi", che ci danno il minimo possibile per mantenerci forzatamente in questo stato di torpore mentale o felicità apparente? Guai a contraddire, guai a ribellarsi, guai a discutere! Altrimenti ti tolgo l'ossigeno con il quale ti faccio soppravvivere.
Se penso quante volte ci è stato detto dai nostri diretti superiori, in presenza di problemi o per ottenere dei miglioramenti lavorativi, "perchè lo fai?" oppure "non dire niente, io voglio stare tranquillo". Invece NO! Si va avanti e, se una cosa da fare è giusta, la si fa; ovvio, quando si scende in campo, si può anche perdere qualche battaglia e subirne le conseguenze. Questo è il sale della vita! Bisogna recuperare della sana contrapposizione, tornare ad essere conflittuali, combattere per i nostri interessi, smettrela lamentarsi di come si viene "calcolati" - bè si a volte nei reparti anche come esuberi - per poi sfondare gli armadietti negli spogliati, e crediamo che nessuno pensi che sia utile?
Probabilmente lavorare alla domenica per la "new generation" non è un gran sacrificio e rimarrà con il passare del tempo solo un ricordo, solo un retaggio culturale/cattolico di noi over 40enni!
Interessante serebbe aprire un bel dibattito anche su questo blog e capire se gli interessi dei lavoratori al momento hanno altre priorità, e con quali meccanismi o soluzioni intendano raggiungerli, se basta una partita di calcio i prima serata o poter acquistare magari a rate smartphone di ultima generazione per farli desistere piuttosto che tornare a frequentare la domenica fidanzate/i, figli/e amicizie e famiglia in genere....
Lo scritto di Iacovone ci da anche lo spunto per suggerirvi l'articolo de "Il Giornale", pubblicato qui a sinistra dove si evince che in Europa non è tutto oro quello che luccica al riguardo delle aperture domenicali, infatti la Francia sta discutendo alcune modifiche in merito.
Buona lettura
Articolo originale: https://www.francescoiacovone.com/la-settimana-dei-commessi-dura-8-giorni/
La settimana dei commessi dura 8 giorni
“Settimane da otto giorni”, fine settimana e feste aboliti, niente progetti sul futuro. Ecco la denuncia dei lavoratori del commercio. Dei commessi.
“Settimane da otto giorni”, fine settimana e feste aboliti, niente progetti sul futuro. Ecco la denuncia dei lavoratori del commercio. Dei commessi.
«Ormai inventeranno la settimana da 8 giorni e aggiungeranno
qualche giorno ai 365 dell’anno per poter tenere aperto il negozio», sorride Luisa, laureata in economia alla Sapienza di Roma. «I
giorni rossi sul calendario sono diventati tutti neri. Non abbiamo
domeniche libere, non abbiamo più niente. Loro ci danno gli orari e noi
siamo costretti a subirli. E se protestiamo diventano guai», racconta.
FOTO: http://www.vallebio.it/news-dettaglio.aspx?id=78&t=new |
Epifania, 25 aprile, Primo maggio, 2 giugno, ferragosto, Ognissanti, Immacolata e tutte le domeniche del calendario: in Italia ormai non si chiude più. Dall’attuazione del decreto “Salva-Italia” del governo Monti, nel 2012, nel nostro Paese chi lavora nel commercio non riposa più.
E non ce lo chiede l’Europa affatto. Perché nel
resto d’Europa una regolamentazione esiste. In Germania si resta aperti
massimo dieci domeniche a orario ridotto. In Francia sono solo cinque le
domeniche di apertura. In Spagna e Austria le aperture sono previste
esclusivamente per le zone turistiche e in Inghilterra sono normate in
base alla dimensione degli esercizi commerciali.
Da noi invece non ci sono limiti: in teoria possono
tenere aperti questi “carrozzoni commerciali” 365 giorni all’anno, sette
giorni su sette, 24 ore su 24. Questo causa enormi problemi ai piccoli
esercizi commerciali, che non tengono la concorrenza delle
multinazionali, e ai lavoratori, che in molti casi si ritrovano a vivere
una settimana infinita fatta di lavoro e di impossibilità di conciliare
i tempi di vita. Il tutto al costo di un salario spesso sotto la soglia
di povertà. E quando gli altri nel week end o nei giorni di festa
partono o si rilassano, magari con la famiglia, commessi e commesse
stanno al chiodo. E se hanno dei figli non li vedono mai. Durante la settimana loro sono a scuola e tu hai il tuo unico giorno di riposo e nel week end loro sono a casa e tu al lavoro.
E vaffa**** alle relazioni sociali, a una maternità serena,
alla vita in famiglia, ai rapporti con gli amici, ad una giornata per
musei o alla prossima visita medica. Il tempo non lo gestisci
più, è gestito dal profitto delle multinazionali e delle esigenze del
popolo dello shopping. Si vive alla giornata, con gli orari che cambiano
con una telefonata all’ultimo momento e l’impossibilità di progettare,
anche ciò che si farà domani. Turni decisi dai capi e comunicati di
settimana in settimana, part time che guadagnano pochissimo e fanno una vita lavorativa praticamente full time, negozi con il personale all’osso e lavoratori che vanno a lavorare anche se malati, pena la decurtazione salariale.
Insomma, una vita infernale, senza diritto di scelta, di critica e del riposo festivo. Un far west
dove anche le maggiorazioni in busta paga sono random, tra chi applica
le maggiorazioni retributive dei festivi al 30%, chi percentuali più
basse, chi solo agli straordinari e chi non le applica per niente. Per
cui per molti lavorare domenica equivale spesso a lavorare un giorno
qualunque della settimana.
Benvenuti nell’era del Jobs Act, forse sarebbe ora
di rimboccarci le maniche e ricominciare ad affermare i nostri diritti,
cominciando da quello al riposo e al giusto salario.